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sanzioni amministrative tributarie

SANZIONI AMMINISTRATIVE TRIBUTARIE: COSA SONO E COME DIFENDERSI

Sei stato destinatario di una sanzione amministrativa tributaria e non sai cosa fare? Ecco i 5 punti che devi assolutamente sapere!

Sanzioni amministrative tributarie: cosa sono

La sanzione amministrativa tributaria: 

  • è una sanzione irrogata dall’Amministrazione finanziaria, che consiste sempre nell’obbligo di pagamento di una somma di denaro, che talvolta può essere accompagnata da sanzioni accessorie stabilite dalla legge; 
  • non produce interessi; 
  • è intrasmissibile agli eredi; 
  • può essere: 
  • in misura fissa; 
  • definita di volta in volta: deve essere stabilita o tra un minimo ed un massimo in misura proporzionale al tributo evaso ovvero soltanto tra un minimo ed un massimo fissato dalla norma, sulla base di alcuni criteri di stampo personalistico, contenuti nell’art. 7 del d.lgs. n. 472/1997: 
  • la gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente;  
  • l’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze;  
  • la sua personalità e le sue condizioni economiche e sociali;  
  • i precedenti fiscali 
  • è soggetta all’applicazione di alcuni istituti di origine penalistica, riadattati in base alle finalità della sanzione amministrativa tributaria: 
  • la disciplina della recidiva → si applica nel momento in cui il trasgressore ha commesso «illeciti della stessa indole» nei tre anni precedenti; 
  • il ravvedimento operoso → in base al quale si attua una sensibile riduzione della sanzione al contribuente che spontaneamente ripari al suo illecito; 
  • il concorso di violazioni → mediante il quale si prevedono numerose ipotesi di applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni. 

Cosa si intende per principio di personalità nelle sanzioni amministrative tributarie?

La sanzione amministrativa tributaria è di tipo personalistico afflittivo, cioè mira a punire la persona che ha commesso il fatto ed a rieducarla. 

La personalità rileva in tre momenti:  

  • nella modalità di imputazione dell’illecito; 
  • nei criteri di determinazione della sanzione; 
  • negli istituti che incidono sulla misura della sanzione. In questi aspetti l’impianto amministrativo ha recepito i principi penalistici, attuando un certo grado di specializzazione e di differenziazione. 

L’illecito è imputato se sussiste:  

  • la realizzazione del fatto tipico, cioè che la condotta posta in essere dall’individuo integri la violazione di una norma tributaria; 
  • l’elemento soggettivo: si articola in imputabilità e in colpevolezza. La colpevolezza presuppone l’imputabilità, che si qualifica come capacità di intendere e di volere, e comprende il dolo – cioè coscienza e volontà di commissione del fatto e delle sue conseguenze –  o la colpa – cioè inevitabilità del fatto e dei suoi effetti. 

Attenzione!!! Il riscontro della condotta e dell’elemento soggettivo non sono sufficienti per l’irrogazione della sanzione amministrativa; è necessario, infatti, che in ogni caso specifico non sussistano cause di non punibilità. 

  • l’assenza di cause di esclusione della punibilità: sono espressamente previste dall’art. 6 del d.lgs. n. 472/1997. Qualora sussistano, fanno venir meno la rimproverabilità del comportamento del trasgressore e, di conseguenza, l’esigenza di punirlo. 

Tra le cause di non punibilità emergono, in primo luogo, quelle previste dal codice penale e recepite dalla materia sanzionatoria amministrativa, quali: 

  • ignoranza inevitabile della legge tributaria: l’ignoranza deve dipendere da cause non imputabili all’autore della violazione, il quale deve comunque dimostrare di aver fatto tutto il possibile per uniformarsi alla legge; 
  • errore incolpevole sul fatto: il soggetto ritiene di tenere un comportamento diverso da quello vietato dalla legge e quindi di non aver commesso alcuna violazione; 
  • obiettive condizioni di incertezza riguardo alla portata e all’ambito di applicazione delle disposizioni cui la violazione si riferisce 
  • ad esempio nel caso di leggi di recente emanazione, rispetto alle quali non si sia formato un orientamento definito, e non sia chiara l’interpretazione. 
  • Ciò determina il venir meno della punibilità del trasgressore in presenza di una previsione normativa oggettivamente oscura, in quanto si riscontra una carenza strutturale dell’ordinamento giuridico oggettiva e palese 
  • indici sintomatici dell’obiettiva incertezza della norma violata – elenco esemplificativo: 
  • la formulazione normativa non chiara nei contenuti; 
  • la presenza di modifiche legislative ravvicinate nel tempo; 
  • l’intervento di norme interpretative o di pronunce della Corte Costituzionale; 
  • l’esistenza di posizioni ministeriali contrastanti o di oscillazioni della giurisprudenza; 
  • il sopravvenire di interpretazioni rese in via pregiudiziale della Corte di Giustizia; 
  • l’emersione di una incompatibilità tra la norma nazionale e quella comunitaria.  
  • indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento → non sanzionabilità delle violazioni: 
  • realizzate nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili o attraverso valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima.  
  • conseguenti a valutazioni estimative, se differiscono da quelle accertate in misura non eccedente il 5%, introducendo, in tal modo, una zona di tolleranza in caso di scostamenti tra le valutazioni effettuate e i valori accertati. 
  • forza maggiore: consiste in un evento di una forza tale al quale non è oggettivamente possibile resistere. Tale evento, per la sua forza intrinseca determina la persona a compiere un atto positivo o negativo in modo necessario ed inevitabile. 
  • Infine, non sono punibili le violazioni formali, definite come quelle che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e che non incidono sulla determinazione della base imponibile o dell’imposta. 

Il principio di personalità si applica anche ai casi di illeciti commesso da più soggetti 

  • in base all’art. 9 del d.lgs. n. 472/1997 se più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per essa disposta; 
  • in altri termini, se più soggetti commettono un illecito rispondono personalmente dell’intera sanzione.  
  • Attenzione!!! è prevista un’attenuazione, che si esprime in specifiche limitazioni di responsabilità: 
  • nei casi di illeciti commessi nell’esercizio dell’attività di consulenza e di assistenza fiscale che comportano la soluzione di questioni di speciale difficoltà; 
  • nei casi di illeciti che rientrano nell’attuale ambito di applicazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 472/97; 
  • nel caso in cui la violazione consiste nell’omissione di un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti. In questo caso è irrogata un’unica sanzione e il pagamento eseguito da uno solo dei responsabili libera tutti gli altri, salvo il diritto di regresso, cioè il diritto del soggetto che ha pagato di rifarsi sugli altri. 

Quando scatta la sanzione amministrativa tributaria?

sanzione amministrativa tributaria quando scatta

La sanzione amministrativa è irrogata ad esito di un procedimento, con un atto amministrativo emesso dall’Amministrazione finanziaria o dall’ente competente all’accertamento del tributo. 

Sono previsti tre procedimenti di irrogazione delle sanzioni: due di irrogazione immediata e uno di contestazione-irrogazione. 

  1. Il primo procedimento di irrogazione immediata è utilizzabile nei casi di sanzioni collegate al tributo e consente l’emissione di un avviso di irrogazione delle sanzioni contestuale a quello di accertamento.  

L’atto di irrogazione è distinto nei contenuti e deve recare al suo interno, a pena di nullità -altrimenti è invalido:   

  • l’indicazione dei fatti attribuiti al trasgressore; 
  • gli elementi probatori; 
  • le norme applicate;  
  • dei criteri seguiti per la determinazione delle sanzioni; 
  • dei minimi edittali previsti dalla legge per ogni singola violazione.  

In tali ipotesi il procedimento sanzionatorio segue sostanzialmente le fasi di quello di accertamento dei tributi (avvio, esercizio dei poteri istruttori di indagine, emissione del provvedimento). È ammessa la definizione in via breve della pretesa sanzionatoria con il pagamento pari ad un terzo della misura della sanzione irrogata. 

  1. Il secondo procedimento di irrogazione immediata prevede la possibilità di iscrivere a ruolo direttamente le sanzioni per ritardato o omesso versamento dei tributi, anche risultanti dai procedimenti di liquidazione delle dichiarazioni, eseguiti ai sensi degli artt. 36 bis ter, d.P.R. 29.9.1973, n. 600 nonché 54 bis e 50, co. 6, d.P.R. 26.10.1972, n. 633. In tali ipotesi non si può utilizzare la definizione in via breve. 
  1. La disciplina del procedimento di contestazione-irrogazione è quella caratterizzata da maggiore garanzia nelle previsioni e che meglio riesce ad attuare i principi generali della funzione amministrativa sanzionatoria. Tale procedimento, infatti, prevede la partecipazione difensiva del contribuente, separa la fase dell’accertamento da quella sanzionatoria, garantisce la trasparenza e l’imparzialità dell’attività amministrativa di irrogazione delle sanzioni.  

Vediamo le possibili violazioni che fanno scattare la sanzione: 

  • Dichiarazione infedele  si realizza quando il contribuente omette di indicare nella dichiarazione dei redditi validamente presentata, alcuni componenti positivi di redditi. 
  • Sanzione: oscilla tra il 100% e il 200% dell’imposta dovuta o della differenza di credito utilizzato.  
  • Il D.Lgs. n. 158/2015 ha radicalmente modificato la fattispecie di dichiarazione infedele prevedendo quattro diversi casi: 
  • Violazioni commesse con l’elemento della colpevolezza, ma non commesse attraverso condotte di particolare insidiosità per l’amministrazione: la sanzione scende dal 90% al 180%; 
  • Violazioni commesse con condotte fraudolente: la sanzione può essere aumentata del 50%, quindi dal 135% al 270%. L’aggravante intende punire i comportamenti ad alto disvalore; 
  • Violazioni commesse con condotte fraudolente di scarso profilo: la sanzione viene ridotta a 1/3 (dal 30% al 60%). La depenalizzazione scatta se l’imposta accertata è inferiore al 3% di quella dichiarata e comunque non supera i €. 30.000,00 e se la violazione deriva dall’errore temporale di imputazione di componenti positivi e negativi (competenza economica) 
  • Violazioni commesse senza danno erariale: l’errore di competenza economica è sanzionato in misura fissa di € 250,00. Si tratta esclusivamente delle ipotesi in cui l’anticipazione o la posticipazione dell’elemento reddituale non produca alcun vantaggio nei confronti del contribuente. 
  • Dichiarazione Iva → il D.Lgs. n. 158/2015, interviene al comma 4-quater dell’articolo 5, definendo il concetto di imposta dovuta ai fini della fattispecie di dichiarazione infedele. È da considerarsi tale la differenza tra l’ammontare del tributo liquidato in sede di accertamento e quello liquidabile in base alla dichiarazione, ai sensi dell’articolo 54-bis del DPR n. 633/72. 
  • Dichiarazione tardiva → si realizza quando il contribuente non presenta la dichiarazione dei redditi nei termini ordinari, ovvero entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello oggetto di dichiarazione, ma si ravvede presentando la stessa nei 90 giorni successivi (29 dicembre). In questo caso la dichiarazione tardiva è considerata comunque valida.  
  • Sanzione → è in misura fissa di € 250,00 che può essere ravveduta (articolo 13 del D.Lgs. n. 471/1997) pagando 1/10 della sanzione fissa, ovvero € 25,00codice tributo 8911“, riportando nel modello F24 l’anno in cui è stata commessa la violazione. 
  • Omessa dichiarazione → si realizza quando il contribuente non presenta la dichiarazione dei redditi nei 90 giorni (29 dicembre) successivi al termine ordinario di presentazione (30 settembre). La fattispecie di dichiarazione omessa prevede al suo interno due distinte casistiche: 
  • omessa dichiarazione senza imposte dovute – se dalla dichiarazione omessa non risultano imposte dovute si applica la sanzione fissa da € 258,00 € 1.000,00 (€ 2.000,00 per l’Iva); 
  • omessa dichiarazione con imposte dovute – la sanzione prevista dal sistema resta confermata nella misura che va dal 120al 240% dell’imposta evasa (con un minimo di € 250,00). 
  • Tuttavia, se la dichiarazione omessa verrà presentata entro il termine di quella relativa all’anno successivo, la sanzione base si riduce del 50% quindi:  
  • se vi sono imposte evase, andrà dal 60% al 120% dell’imposta dovuta, con un minimo di € 200,00; 
  • mentre se non vi sono imposte, si applicherà la sanzione fissa, da € 150,00 a € 500,00 (€ 1.000,00 per l’Iva).  

Una volta scaduto il termine della presentazione della dichiarazione dell’anno successivo le sanzioni torneranno ad essere applicabili nella misura ordinaria. 

Attenzione!!! Si precisa che anche dal 2016 la dichiarazione presentata oltre i 90 giorni dal termine ordinario si considera comunque omessa. Ne consegue che, nel caso in cui il contribuente volesse sanare la dichiarazione omessa, oltre i 90 giorni, ma entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva, non potrà utilizzare il ravvedimento operoso, di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997. 

  • Studi di settore → Per le violazioni riguardanti al contenuto e alla presentazione degli studi di settore, il nostro sistema l’applicazione di sanzioni amministrative, con tre diverse tipologie: 
  1. Omessa presentazione del modello – l’articolo 8, comma 1,  del D.Lgs. n. 471/1997 prevede una sanzione in misura fissa di € 2.065,00; 
  1. Omessa presentazione del modello, se dalla rielaborazione del modello emerge un maggior reddito accertabile superiore al 10% rispetto al dichiarato → La sanzione variabile è maggiorata del 50% e quindi va dal 150% a300% della maggiore imposta dovuta (articolo 1, comma 2-bis 1 del D.Lgs. n. 471/1997); 
  1. Modello presentato con dati non corretti o per cause di esclusione o disapplicazione non corrette e dall’elaborazione dello studio emerge un maggior reddito accertabile del 10% rispetto al dichiarato → La sanzione per infedele dichiarazione è maggiorata del 10% e va dal 110% al 220% (articolo 1, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 471/1997). 

L’articolo 15 del D.Lgs. n. 158/2015 riscrive l’articolo 1 del D.Lgs. n. 471/1997, cancellando le disposizioni di cui ai punti 2-bis e 2-bis 1 del Decreto → Resta inalterata la sanzione fissa in misura massima, che però scende a € 2.000,00. 

  • Cedolare secca → La revisione delle sanzioni amministrative tributarie prevede per la cedolare secca che:  
  • nell’ipotesi in cui nella dichiarazione dei redditi non è indicato il canone derivante dalla locazione di abitazioni si applica la sanzione amministrativa dal 240% al 480% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di € 500,00; 
  • se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da € 500,00 e €  2.000,00. 

Questo è il caso di chi presenta regolarmente la dichiarazione omettendo l’indicazione del canone ovvero di chi omette del tutto la presentazione del modello.  

Qualora, invece, nella dichiarazione dei redditi viene indicato un canone inferiore a quello effettivo, si applica la sanzione amministrativa dal 180% al 360% della maggiore imposta. 

  • Errori di competenza → Per gli errori di competenza fiscale sull’errata imputazione a periodo dei componenti positivi e negativi di reddito: 
  • il nostro sistema sanzionatorio prevedeva, l’applicazione di sanzioni amministrative che, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.Lgs. n. 471/1997, con aliquota variabile dal 90% al 180% della maggiore imposta accertata 
  • Con l’entrata in vigore del nuovo decreto, la sanzione viene ridotta ad 1/3, ossia dal 30% al 60%. Tuttavia, per poter beneficare della riduzione della sanzione è necessario che: 
  1. La maggiore imposta o il minor credito accertati siano complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque non superino € 30.000,00. La soglia percentuale viene individuata determinando il rapporto fra quanto dichiarato in termini d’imposta dal contribuente e quanto accertato dall’Amministrazione finanziaria in sede di verifica; 
  2. per i componenti positivi di reddito è necessario che gli stessi siano stati erroneamente imputati e che abbiano già concorso alla determinazione del reddito nel periodo di imposta oggetto di accertamento o nei precedenti. 

Sanzioni amministrative tributarie e altri tipi di sanzioni: che tipo di rapporto sussiste? 

In base all’art. 19, c. 1, del D. Lgs 74/2000, mutuato all’art. 15 del Codice penale, sussiste il cosiddetto  principio di specialità:  

  • prevede che qualora un determinato fatto sia idoneo ad integrare la violazione di due distinte disposizioni che prevedono l’applicazione di una sanzione amministrativa e di una sanzione penale, si applicherà quella che tra le due presenta elementi specifici – il cosiddetto quid pluris – rispetto all’altra; 
  • esclude l’ipotesi della cumulabilità della sanzione penale e della sanzione amministrativa prevista per la stessa violazione; 
  • grazie ad esso si evita che un soggetto possa rispondere più volte per un medesimo fatto; 
  • riconosce al diritto penale tributario la sua naturale funzione sussidiaria di repressione delle sole fattispecie dotate di rilevante offensività. 
  • Attenzione!!! Non è un principio generale che stabilisce l’applicazione della sanzione penale, quale norma speciale, in luogo di quella tributaria o viceversa; bensì è necessario valutare il singolo caso concreto al fine di verificare quale delle due norme presenta gli elementi specializzanti rispetto all’altra. 
  • Qualora la violazione commessa abbia rilievo meramente penale, l’Amministrazione Finanziaria può comunque quantificare la sanzione amministrativa: 
  • Tuttavia, la stessa verrà sospesa fino alla sentenza che sarà emanata in sede penale, per evitare il realizzarsi di ipotesi di decadenza o di prescrizione in danno degli interessi erariali. 
  • In caso di condanna → le sanzioni amministrative non troveranno applicazione; 
  • In caso di assoluzione, ovvero in caso di archiviazione della notitia criminis → cesserà la sospensione con decorrenza dal momento in cui tali provvedimenti verranno portati a conoscenza dell’ufficio finanziario a cura della cancelleria del giudice che li ha emessi. 

Caso di illecito amministrativo-tributario commesso da persona fisica a favore di persona giuridica:   

  • essendo quest’ultimo soggetto solidamente responsabile di cui all’art. 11, c. 1, D. Lgs 472/92, la sospensione della sanzione non opera nei suoi confronti, neppure in caso di assoluzione, impedendo in tal modo che società dotate di personalità giuridica si sottraggano al pagamento delle sanzioni pecuniarie. 
  • In altri termini, in base all’art. 7 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (conv. con mod. L. 326/2003) la persona giuridica ha una responsabilità propria ed esclusiva → pertanto l’illecito posto in essere dalla persona fisica a vantaggio della persona giuridica determinerà: 
  • la comminatoria della sanzione amministrativa unicamente in capo alla persona giuridica, 
  • la comminatoria della sola sanzione penale a carico della persona fisica, purché ne ricorrano i presupposti. 

Come difendersi dalle sanzioni amministrative tributarie 

Il giudizio è introdotto con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale ai sensi dell’art. 18, D. Lgs. N° 546/92Il ricorso può essere proposto avverso ai sensi dell’art. 19, D. Lgs. n° 546/92: 

  1. l’avviso di accertamento del tributo; 
  1. l‘avviso di liquidazione del tributo; 
  1. il provvedimento che irroga le sanzioni; 
  1. il ruolo e la cartella di pagamento; 
  1. l’avviso di mora; 
  1. l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n° 602, e successive modificazioni; 
  1. il fermo di beni mobili registrati di cui all’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n° 602, e successive modificazioni; 
  1. gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2; 
  1. il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti; 
  1. il diniego o la revoca di agevolazioni tributarie o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari; 
  1. ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle Commissioni Tributarie. 

Contenuto del ricorso: il ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale deve contenere l’indicazione: 

  • della Commissione Tributaria cui è diretto; 
  • del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale o del domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché del codice fiscale e dell’indirizzo di posta elettronica certificata; 
  • dell’ufficio nei cui confronti il ricorso è proposto; 
  • dell’atto impugnato e dell’oggetto della domanda; 
  • dei motivi; 
  • il valore della lite e contenere la procura a un difensore o a un soggetto abilitato all’assistenza tecnica. Il difensore, o il ricorrente in caso di valore della controversia inferiore a euro 3.000,00, deve sottoscrivere sia l’originale sia le copie destinate alle controparti. L’art. 47 del D. Lgs. N° 546/92 riconosce, inoltre, al ricorrente la possibilità di chiedere alla Commissione Tributaria Provinciale competente la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, con istanza inserita nel ricorso o formulata con atto separato, debitamente notificato alle altre parti e depositato in segreteria. La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’art. 69, comma 2, del D. Lgs. n° 546/92. 

Termine di proposizione: deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto. In caso di rifiuto tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti, può essere proposto dopo 90 giorni dalla domanda di restituzione. 

La notifica del ricorso all’ente impositore da parte del ricorrente deve avvenire a mezzo pec secondo le disposizioni contenute nel processo tributario telematico (PTT) dettate dal D. M. 23/12/2013 n° 163 e dai successivi decreti attuativi, salvo che per le cause di valore inferiore ai 30.000,00 euro.  

Ricorso con effetti di reclamo e proposta di mediazione: 

  • è possibile solo per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro 
  • deve concludersi, a pena di improcedibilità del ricorso, entro il termine di 90 giorni dalla data di notifica di quest’ultimo. 
  • Ambito di applicazione 
  • si applica agli atti emessi dall’Agenzia delle entrate, delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n° 300. Nonché agli atti emessi dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D. Lgs. N° 446/97. 
  • non si applica alle controversie di valore indeterminabile – ad eccezione di quelle in materia catastale, di cui all’articolo 2, comma 2, primo periodo – e alle controversie di cui all’art. 47 bis, relative al recupero degli aiuti di Stato. 
  • se non diversamente specificato nell’atto impugnato, va inoltrato alla Direzione dell’Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e, più in generale all’ente che ha emanato l’atto o ha omesso quello richiesto. 
  • Va proposta entro 60 giorni dalla notificazione dell’atto da impugnare, o 90 giorni dal rifiuto tacito dell’atto richiesto.  

In seguito all’esame istruttorio dell’istanza di reclamo/mediazione, l’ente interessato può: 

  1. ritenere la proposta di mediazione completa nell’ammontare della pretesa e, per l’effetto accogliere l’istanza del ricorrente, invitando quest’ultimo a sottoscrivere l’accordo di mediazione senza formalità; 
  1. ritenere non accoglibile il reclamo, con un provvedimento motivato espresso di rigetto ovvero con un silenzio-rifiuto, che si perfeziona decorsi 90 giorni dalla presentazione del reclamo, a fronte del quale il contribuente può: 
  • fare acquiescenza all’atto; 
  • costituirsi in giudizio decorsi 90 giorni dalla data di notifica della rigettata istanza di reclamo/mediazione.

 

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