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Branch exemption: requisiti e tassazione

L’espansione nel mercato estero è un’opportunità non solo per aumentare i profitti, ma anche per ridurre il carico fiscale, per esempio con il regime di tassazione della branch exemption.

Il sistema fiscale italiano, normalmente, prevede che vengano tassati in Italia i redditi prodotti ovunque nel mondo da soggetti fisici o giuridici con residenza in Italia (worldwide taxation). Questo però genererebbe una doppia imposizione sui redditi prodotti all’estero, cioè il pagamento delle imposte sia nel Paese estero, sia in Italia.

Per evitarlo e incentivare l’internazionalizzazione delle imprese italiane, con il decreto legislativo 147/2015 lo Stato ha introdotto la possibilità di esenzione fiscale degli utili e delle perdite riconducibili alle proprie stabili organizzazioni aziendali situate all’estero

Ci sono ovviamente delle condizioni e dei criteri di applicazione, individuabili all’art. 168-ter del TUIR, introdotto proprio dal suddetto decreto legislativo.

Branch exemption: requisiti e procedura

Per ottenere l’irrilevanza fiscale degli utili e delle perdite realizzati all’estero, il titolare dell’impresa residente in Italia deve farne esplicita richiesta. Non è un regime che si applica automaticamente.

Come si fa? Esercitando l’opzione nella prima dichiarazione dei redditi utile dopo la costituzione della stabile organizzazione (branch) all’estero. L’effetto è immediato, cioè a partire dal periodo d’imposta in cui si richiede l’opzione, ed è irrevocabile.

Attenzione: non si può esercitare l’opzione della branch exemption in periodi d’imposta successivi al primo dopo la costituzione di una nuova branch. Trascorso il primo periodo d’imposta, la branch rimarrà vincolata al regime fiscale ordinario per sempre. L’applicazione, inoltre, vale per tutte le eventuali stabili organizzazioni possedute all’estero dall’impresa, sia già esistenti sia costituite in seguito.

I redditi delle branch, quindi, andranno indicati in un’apposita sezione separata della dichiarazione dei redditi (quadro RF).

Le uniche circostanze in cui viene meno il regime della branch exemption sono la chiusura, la liquidazione o la cessione di tutte le branch esistenti. In seguito, se si costituiscono nuove branch, bisogna attivare nuovamente l’opzione con una nuova richiesta.

C’è un’eccezione alla possibilità di applicare questa opzione: se la stabile organizzazione si trova in un Paese black list, non è possibile richiedere la branch exemption.

Che cos’è una stabile organizzazione?

Il regime agevolato della branch exemption, come abbiamo visto, si applica alle cosiddette “stabili organizzazioni” costituite all’estero da un’impresa italiana. 

La definizione giuridica di “stabile organizzazione” si trova nel Modello OCSE della Convenzione contro le doppie imposizioni e all’art. 162 del TUIR

Tali definizioni la descrivono come “una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”. Questo significa che l’organizzazione deve avere una sede fisica permanente nel territorio estero, dove la permanenza sia motivata dall’attività esercitata. Devono quindi essere presenti immobili, attrezzature, personale nella disponibilità dell’impresa.

Una stabile organizzazione può essere un semplice ufficio oppure un laboratorio o addirittura una fonte di risorse naturali situata nel Paese estero in questione: l’art. 162 del TUIR fornisce l’elenco completo.

L’Agenzia delle Entrate si riserva in ogni caso di verificare con l’amministrazione finanziaria del Paese estero la sussistenza di una stabile organizzazione.

Branch exemption: tassazione

I redditi generati dalle stabili organizzazioni estere in regime di branch exemption vengono tassati solo nel Paese dove vengono prodotti: la massima convenienza si ha collocando le branch in Paesi dove la pressione fiscale è bassa.

Un eventuale fatturato di 100.000€ di una stabile organizzazione estera, per esempio, non avrebbe alcun effetto sull’imponibile dell’impresa italiana a cui fa capo: vi si applica l’aliquota prevista nel Paese dove è collocata la stabile organizzazione, mentre sull’imponibile della casa madre si applica l’IRES al 24%.

Allo stesso modo, un’eventuale perdita di qualsiasi ammontare della stabile organizzazione in branch exemption non è attribuibile alla casa madre e quindi non è utilizzabile in compensazione per ridurre l’imponibile della casa madre

C’è un’unica eccezione: la recapture delle perdite fiscali pregresse. Abbiamo detto che se un’impresa italiana apre una nuova stabile organizzazione all’estero e attiva l’opzione della branch exemption, questa si estende anche alle eventuali branch già esistenti. Se però una di queste branch già esistenti, nei cinque periodi d’imposta precedenti, ha realizzato perdite fiscali imputate all’impresa madre, i suoi redditi confluiscono nell’imponibile dell’impresa madre fino al riassorbimento completo di tali perdite.

Questa tipologia di tassazione, quindi, ha vantaggi e svantaggi, che dipendono molto dalla singola situazione aziendale. Se il tipo di attività lo permette, è vantaggioso collocare una stabile organizzazione estera in un Paese a bassa pressione fiscale sulle imprese straniere. È come se su una parte del proprio reddito l’impresa italiana riuscisse a pagare meno tasse

Se però la stabile organizzazione estera ha elevate probabilità di generare perdite, come è frequente soprattutto per le attività ai primi anni di vita, può essere conveniente mantenere il regime ordinario per poter compensare queste perdite assorbendole nell’imponibile della casa madre. La branch exemption non lo permette. Occorre quindi valutare la situazione caso per caso con professionisti in grado di supportare le analisi di business relative alla prospettiva delle attività all’estero con il calcolo della convenienza fiscale, che tenga conto di tutti gli aspetti dell’imposizione che coinvolgono un’azienda.

Avv. Carlo Alberto Micheli

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