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dipendente o partita iva

Meglio dipendente o partita iva? Cosa conviene alle imprese

INDICE DEGLI ARGOMENTI TRATTATI

Un dilemma sempre più attuale per le imprese è la scelta tra dipendente o partita iva al momento di avvalersi di nuove risorse. Il costo del lavoro è una delle voci più gravose per il bilancio aziendale ed è necessario fare attente valutazioni sui pro e i contro dei contratti da dipendente da un lato e delle collaborazioni con partite iva dall’altro, per capire cosa conviene di più alla propria impresa.

Oggi sempre più spesso le aziende sono attratte dall’idea di avere pochissimi dipendenti e tanti collaboratori esterni in partita iva, per evitare vincoli e costi eccessivi. Ma la questione non è sempre così semplice e bisogna prestare attenzione e rispettare i requisiti legali di ogni tipo di rapporto di lavoro, per evitare di camuffare un lavoro di tipo subordinato con una partita iva.

I principali elementi da valutare per decidere se sia meglio optare per la formula dipendente o partita iva sono:

  • costi
  • agevolazioni fiscali
  • organizzazione del lavoro
  • tipo di professionalità
  • orizzonte temporale.
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Dipendente: pro e contro

Nella scelta tra dipendente e partita iva il principale elemento a svantaggio del contratto di lavoro subordinato di solito sono i costi: fra lo stipendio netto del lavoratore e quello che deve sborsare l’azienda c’è una differenza che può arrivare oltre al doppio, perché il datore di lavoro ha il ruolo di sostituto d’imposta, per cui deve versare per conto di ogni suo dipendente IRPEF e INPS; oltre a ciò, deve coprire tutte le indennità quali ferie, malattia, permessi, maternità ecc., a cui vanno aggiunte le eventuali tredicesima e quattordicesima e il TFR. Anche se parte di alcuni questi costi sono coperti dallo Stato, sono spese che possono spaventare e impattare notevolmente sul margine di guadagno dell’impresa.

Bisogna tuttavia valutare il contratto da lavoro dipendente caso per caso, perché l’entità dei costi dipende dal settore economico, dall’eventuale contratto collettivo nazionale, dalla formula part time o full time, dal lavoro festivo o su turni ecc.

Oggi, inoltre, la crisi del lavoro ha spinto lo Stato a offrire numerosi incentivi e agevolazioni fiscali per le imprese che assumono dipendenti, soprattutto se sono giovani, donne, disoccupati, disabili o altre categorie in condizioni di svantaggio. In alcuni casi il risparmio sulle tasse sul lavoro può arrivare anche al 100%. Restare sempre aggiornati su questi incentivi e altri crediti d’imposta è fondamentale per ogni azienda che voglia fare pianificazione fiscale.

Infine, seppur nel breve termine il lavoratore dipendente possa essere più costoso di una partita iva, ci sono circostanze in cui nel lungo termine porta a un risparmio: la possibilità di formare una risorsa interna che sarà sempre disponibile, si integrerà nel team, conoscerà a fondo le strutture aziendali e potrà ricoprire anche più mansioni può far risparmiare tempo in futuro ed evitare la frammentazione e la dispersione del know how aziendale e dei processi. Questo significa risparmiare tempo e anche soldi.

Partita iva: pro e contro

La collaborazione in partita iva, almeno in via teorica, concede maggiore flessibilità sia al lavoratore sia all’azienda. Per il lavoratore non ci sono vincoli di orario né di luogo di lavoro, mentre per il lavoratore non ci sono costi oltre al compenso netto concordato con il lavoratore, salvo l’eventuale rivalsa INPS, che però è un contributo molto inferiore rispetto a quello dovuto per i dipendenti, quasi irrisorio. Il lavoratore in partita iva, inoltre, non ha diritto a ferie retribuite, malattia e tutti gli indennizzi previsti per i dipendenti.

Di contro, non sono ovviamente previste agevolazioni fiscali per le aziende che impiegano collaboratori in partita iva e spesso i lavoratori autonomi hanno tariffe orarie superiori a quelle corrispondenti per un dipendente.

Questo tipo di rapporto di lavoro permette inoltre di usufruire di una specifica professionalità per un periodo di tempo limitato, cioè solo quando serve, e di selezionare di volta in volta quella più adatta alle proprie esigenze. È sicuramente una scelta vincente quando serve un collaboratore per un’occasione isolata o poche circostanze.

Attenzione, però, alle “partite iva fittizie”: se un lavoratore in partita iva collabora con l’azienda per più di 8 mesi all’anno per 2 anni consecutivi e i compensi di questa collaborazione superano l’80% del suo fatturato, si tratta in realtà di un rapporto di lavoro assimilabile al contratto a progetto. Se per di più il collaboratore deve lavorare nella sede fisica del committente, basta una sola delle due condizioni appena citate per rientrare nel contratto a progetto. Il Jobs Act ha abolito nel 2016 questa forma di rapporto contrattuale proprio per evitare le partite iva fittizie.

Un rapporto di lavoro di questo tipo, se scoperto o denunciato al sindacato dal lavoratore, verrebbe riqualificato come lavoro subordinato a tempo indeterminato: il datore di lavoro si vedrebbe costretto a pagare una sanzione e tutti gli elementi retributivi, contributivi e fiscali non corrisposti, calcolati in base alla durata del rapporto di lavoro in questione. Il tutto determina un costo molto pesante, perciò è meglio evitare le ambiguità.

L’unico caso in cui la riqualificazione del rapporto di lavoro da parte della Guardia di Finanza non è possibile è quello di collaboratori con partita iva iscritti a un albo professionale: nel caso di architetti, commercialisti, avvocati, geometri, giornalisti ecc. c’è una specificità tecnica, perciò lunghe collaborazioni in partita iva con questi soggetti sono giustificate dalla loro elevata e certificata professionalità, comprovata da una formazione specifica.

Avv. Carlo Alberto Micheli

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