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L’ACCOGLIMENTO DEI RICORSI AVVERSO LE SANZIONI PER VIOLAZIONI DEI DPCM

 

1. Qual è stato il primo giudice che ha accolto il ricorso avverso le sanzioni per violazione dei Dpcm?

È del giudice di pace di Frosinone la prima sentenza ad aver bocciato lo stato di emergenza del Governo Conte e ad aver affermato l’illegittimità dei Dpcm emanati tra marzo e aprile che avevano imposto ai cittadini il divieto di entrata e uscita dai territori e l’obbligo di rimanere in casa, salvo che per gli spostamenti motivati e urgenti.

2. Il caso 

Con la sentenza n. 516 del 15 luglio scorso depositata il 29 luglio, il giudice di Pace di Frosinone ha accolto il ricorso in opposizione alla sanzione amministrativa irrogatale dalla polizia stradale “per violazione del divieto di spostarsi in conseguenza dell’emergenza sanitaria ai sensi del DPCM non specificato” – presentato da una cittadina.
Il giudice ha dichiarato la fondatezza del ricorso e conseguentemente ha accolto lo stesso, per le seguenti due motivazioni:
• per l’illegittimità della dichiarazione dello stato di emergenza dovuta all’insussistenza dei presupposti legislativi; nonché per violazione degli art. 95 e 78 della Costituzione;
• per violazione dell’art. 13 della Costituzione.

3. Perché sono stati violati l’art. 7 del decreto legislativo 1/2018 e la Costituzione? 

Con riferimento al primo punto lo stato di emergenza è stato dichiarato “in conseguenza del rischio sanitario derivante da agenti virali trasmissibili, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 7, comma 1, lett. c) e dell’art. 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018 n. 1”.
Se esaminiamo l’articolo 7 del decreto legislativo 1/2018, su cui poggia la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 1.2.2029 sull’emergenza sanitaria, possiamo osservare che non fa alcun riferimento né a situazioni di rischio sanitario, né ad agenti virali.
Il presupposto per la dichiarazione dello stato di emergenza è tutt’altro; la disposizione sopra richiamata stabilisce che “gli eventi emergenziali di protezione civile si distinguono:…c) emergenza di rilievo nazionale connessi con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo”.
Tra le calamità naturali vanno ricompresi terremoti, valanghe, alluvioni, incendi; mentre tra le attività dell’uomo, sversamenti e altre attività inquinanti. In altri termini, non vi è alcun riferimento all’emergenza sanitaria o rischi sanitari.
Peraltro, sussiste la violazione degli art. 95 e 78 della Costituzione in quanto il potere normativo “peculiare” di emanare DPCM è attribuibile al Governo solo nei casi di cui all’art. 78 e 87 relativi alla dichiarazione dello stato di guerra. Anche in questo caso quindi non vi è alcun richiamo allo stato di emergenza per rischio sanitario.
In virtù di quanto sopra, ad avviso del Giudice di Pace la dichiarazione del Consiglio dei Ministri del 31.1.2020 appare del tutto illegittima, perché priva di qualsivoglia presupposto giuridico. Né la Costituzione, né atti con forza di legge, né leggi prevedono che il Consiglio dei Ministri possa dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario.

3.1 La violazione dell’art. 13 della Costituzione sulla libertà personale

Secondo la sentenza di Frosinone il divieto di spostamento se non per comprovate esigenze configura “un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare”. Tale obbligo può essere disposto dal giudice penale come sanzione penale restrittiva della libertà personale nel caso di commissione di alcuni reati.
Anche in questo caso, il Dpcm appare in contrasto con l’articolo 13 della Costituzione secondo cui “le misure restrittive della libertà personale possono essere adottate solo su motivato atto dell’Autorità giudiziaria”. Non è possibile che il Governo decida sulla limitazione della libertà personale.
Il Dpcm non è conforme a Costituzione, in quanto non può essere neppure ricondotto all’art. 16 della Costituzione che disciplina la libertà di circolazione. Quest’ultima riguarda i limiti di accesso a determinati luoghi, come ad esempio, il divieto di accedere ad alcune zone circoscritte in quanto infette, “ma giammai può comportare un obbligo di permanenza domiciliare” (Corte Costituzionale, n. 68 del 1964).
In sostanza il divieto circolazione preclude l’accesso a luoghi specifici e per questo si differenzia dal divieto di spostamento che riguarda direttamente la persona, che, in quanto tale può essere disposta solo dall’autorità giudiziaria con atto motivato.
Peraltro, in svariate sentenze la Corte costituzionale ha sottolineato come i Dpcm siano atti amministrativi – e in quanto tali – possono essere disapplicati per il caso concreto da un giudice ordinario al solo fine di tutelare un interesse costituzionale superiore. Non vi è la necessità che tali atti vengano annullati da un giudice superiore.
Nel caso che ci occupa, il Giudice di Pace di Frosinone – in quanto giudice ordinario – si è conformato all’orientamento della Corte sopra richiamato, e ha disapplicato il Dpcm – quale atto amministrativo – in virtù di un interesse costituzionale superiore cioè la libertà personale.

Avv. Marialetizia Polizzi

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