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principio di inerenza dei costi

Principio di inerenza dei costi: significato

Il principio di inerenza dei costi è un concetto fondamentale di cui conoscere il significato, perché da esso dipende la determinazione del reddito imponibile di un’impresa, ma anche di un lavoratore autonomo, e quindi il calcolo delle imposte dovute nell’anno fiscale. Risulta chiaro quindi quanto sia importante conoscere questo argomento in sede di bilancio, per ottimizzare il più possibile le proprie strategie per pagare meno tasse.

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Sebbene non ci sia una normativa specifica che ne dia una definizione precisa, questo principio è un concetto giuridico di origine economica piuttosto semplice, regolarmente applicato dal fisco e che deriva dalle norme più generali sul bilancio d’esercizio.

Il principio d’inerenza è il requisito fondamentale che un costo deve rispettare per poter essere dedotto dall’imponibile di un’impresa e si ricava in particolare dall’art. 109, comma 5 del TUIR: sono deducibili tutti e solo i costi e in generale tutte le componenti negative, tranne gli interessi passivi, che sono riferiti strettamente all’attività svolta dall’impresa stessa e alla sua crescita.

Perché possa applicarsi la deduzione, deve sussistere un collegamento diretto tra i costi e l’attività dell’impresa, cioè i costi sostenuti devono essere legati alla produzione di reddito (anche potenziale) per l’impresa. Sono automaticamente esclusi gli oneri fiscali e contributivi e i costi di utilità sociale.

L’applicazione del principio di inerenza è finalizzata soprattutto a evitare che le aziende deducano costi a piacimento, includendovi anche spese personali: non sono inerenti le spese che l’imprenditore sostiene per sé o per la propria famiglia, sia che riguardino l’acquisto di beni, sia che riguardino servizi, cure mediche ecc.

Poiché in caso di contestazione l’onere della prova dell’inerenza dei costi ricade interamente sul contribuente, è importante essere in possesso dei corretti giustificativi per ogni deduzione, soprattutto per quei costi che non sono immediatamente riconducibili all’attività d’impresa per loro palese natura. Questo significa avere consapevolezza della tipologia dei costi che si decide di sostenere, tracciare ogni spesa e conservarne la documentazione.

Attenzione, perché in teoria va verificata solo la coerenza della tipologia del costo con l’attività aziendale, ma in pratica la contestazione, in alcuni casi, può riguardare anche la dimensione quantitativa del costo: in caso di spese spropositate rispetto alle reali esigenze dell’impresa e in presenza di altri elementi sospetti che possano ricondurre a interessi personali, è possibile che venga contestata la congruità della spesa. Anche in questo caso, spetta al contribuente dimostrarla.

Principio di inerenza: esempi

Come si è anticipato, non esiste una legislazione specifica che indichi il perimetro del principio di inerenza, perciò nel corso degli anni questo concetto è stato soggetto a molteplici interpretazioni e il fisco ha adattato la propria condotta alle pronunce della giurisprudenza in materia.

Per esempio, i costi sostenuti per attività di rappresentanza e promozionali non sono direttamente legate all’attività produttiva di un’impresa, ma è stato precisato nel tempo che sono da considerarsi costi inerenti perché finalizzati a generare ricavi nel futuro. Questo vale anche per le sponsorizzazioni, ma solo se l’oggetto delle stesse è legato in qualche modo all’attività dell’azienda (per esempio per prossimità geografica, per l’uso di prodotti o servizi aziendali ecc.).

La Cassazione ha in seguito riconosciuto come costi inerenti (e quindi deducibili) anche le spese sostenute per commercialisti, avvocati o consulenti di vario genere, che non portano ricavi, ma sono indispensabili per la gestione dell’azienda, purché ovviamente sia comprovato il legame del servizio richiesto con l’attività aziendale.

Un’altra estensione del principio di inerenza ha riguardato poi i costi per i servizi di revisione e certificazione, sia che siano adempimenti a obblighi di legge, sia che siano sostenuti in modo volontario.

Al contrario, la Cassazione si è pronunciata per l’esclusione esplicita dai costi inerenti delle spese per eventuali sanzioni e delle spese per le cure mediche dei dirigenti.

Avv.Carlo Alberto Micheli

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