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I TRATTAMENTI DI CASSA INTEGRAZIONE DEL DECRETO AGOSTO

1. Decreto agosto: trattamenti di cassa integrazione in deroga, ordinaria e assegno

I datori di lavoro che, nell’anno 2020, sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n.18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modificazioni, per una durata massima di nove settimane, incrementate di ulteriori nove settimane secondo le modalità previste al comma 2, collocate nel periodo ricompreso tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020.
Le imprese hanno perciò a disposizione altre 18 settimane di Cassa integrazione per COVID-19. Questo intervento serve a dare sostegno a datori di lavoro e lavoratori chiamati a fronteggiare gli effetti socio-economici del Coronavirus.
Tuttavia, se la prima tranche non prevede alcun costo per le aziende, la seconda è soggetta al versamento all’INPS di un contributo calcolato sulle ore di Cassa fatte dai dipendenti.
Tale contributo non è dovuto da parte delle imprese che dichiarino di aver subito una riduzione di fatturato, nel primo semestre 2020, superiore al 20% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Un altro aspetto da dover tenere in considerazione consiste nel fatto che le ulteriori nove settimane di trattamenti, di cui al comma 1, sono riconosciute esclusivamente ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di nove settimane.
I datori di lavoro che presentano domanda per periodi di integrazione relative alle ulteriori nove settimane versano un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019, pari:

a) al 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento;
b) al 18 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

Il contributo addizionale non è dovuto dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento e per coloro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al primo gennaio 2019.
Ai fini dell’accesso alle ulteriori nove settimane di cui al comma 2, il datore di lavoro deve presentare all’INPS domanda di concessione nella quale autocertifica, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato di cui al comma 3. L’INPS autorizza i trattamenti di cui al presente articolo e, sulla base della autocertificazione allegata alla domanda, individua l’aliquota del contributo addizionale. In mancanza di autocertificazione, si applica l’aliquota del 18 per cento. Sono comunque disposte le necessarie verifiche relative alla sussistenza dei requisiti richiesti e autocertificati per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo, ai fini delle quali l’INPS e l’Agenzia delle entrate sono autorizzati a scambiarsi i dati.
Una volta autorizzata dall’INPS la Cassa integrazione, il versamento del contributo deve avvenire a decorrere dal periodo di paga successivo quello nel corso del quale è stato rilasciato il provvedimento di concessione.
Le domande di accesso ai trattamenti di cassa integrazione devono essere inoltrate all’INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa, oppure entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto.
In caso di pagamento diretto delle prestazioni di cassa integrazione da parte dell’INPS, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta  giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini di cui al presente  comma  sono  spostati  al trentesimo giorno successivo alla  data di entrata  in  vigore  del presente decreto se tale ultima data è posteriore a quella di cui al primo periodo. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad  essa  connessi  rimangono  a  carico  del datore di lavoro inadempiente.
Il trattamento di cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA),  ai  sensi  dell’articolo 19, comma 3-bis, del predetto decreto-legge n. 18 del  2020,  richiesto  per  eventi  riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, è concesso, in  deroga  ai limiti di fruizione riferiti al singolo lavoratore  e al numero di giornate lavorative da svolgere presso la stessa  azienda  di  cui all’articolo 8 della legge 8 agosto 1972, n.  457, per  una  durata massima di cinquanta giorni, nel periodo ricompreso tra il 13  luglio e il 31 dicembre 2020. La domanda di CISOA deve essere presentata, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in  cui ha avuto inizio il periodo di sospensione dell’attività  lavorativa.
I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati  ai sensi del predetto decreto-legge n. 18  del  2020, collocati,  anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020 sono imputati ai cinquanta giorni stabiliti dal presente comma. In  fase di  prima applicazione, il termine di decadenza di cui  al  presente comma è fissato entro la fine del mese successivo  a  quello  di  entrata  in vigore del presente decreto. I periodi di integrazione autorizzati ai sensi dell’articolo19, comma 3-bis, del predetto decreto-legge n. 18 del 2020, e ai sensi del presente articolo sono computati ai fini del raggiungimento del requisito delle 181 giornate di  effettivo  lavoro previsto dall’articolo 8 della legge 8 agosto 1972, n. 457.
I termini decadenziali di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi, compresi quelli differiti in via  amministrativa, in scadenza entro il 31 luglio 2020, sono differiti al 31 agosto 2020.
I termini di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi che, in applicazione della disciplina ordinaria, si collocano tra il 1° e il 31 agosto 2020 sono differiti al 30 settembre 2020.
I trattamenti di cui ai commi 1, 2 e 8 sono concessi nel limite massimo di spesa pari a 8.220,3 milioni di euro, ripartito in 5.174 milioni di euro per i trattamenti di cassa integrazione  ordinaria  e assegno ordinario di cui ai commi 1 e 2, in 2.889,6 milioni  di  euro per i trattamenti di cassa integrazione in deroga di cui ai commi 1 e 2 e in 156,7 milioni di euro per i trattamenti di cui al comma 8.
L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa di cui al presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 265, comma 9, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in relazione alle risorse di cui agli articoli da 68 a 71 del predetto decreto-legge n. 34 del 2020, a valere sulle medesime risorse possono essere riconosciuti i periodi corrispondenti alle prime nove settimane di cui al comma 1 del presente articolo.
All’onere derivante dal presente articolo pari a 7.804,2 milioni di euro per l’anno 2020 e a 2.016,1 milioni di euro per l’anno 2021 in termini di saldo netto da finanziare e a 4.789,3 milioni di euro per l’anno 2020 e  a 1.224,6 milioni di euro  per l’anno 2021 in termini di  indebitamento  netto  e  fabbisogno  delle amministrazioni pubbliche si provvede quanto a 223,1 milioni di  euro per l’anno 2020 e a 74,4 milioni di euro per l’anno 2021 mediante le maggiori entrate derivanti dal comma 2 del presente articolo e per la restante quota ai sensi dell’articolo 114.

2. Cassa  integrazione  dei  lavoratori   dipendenti   iscritti   al   Fondo   Pensione   Sportivi  Professionisti

All’articolo  22  del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24  aprile  2020,  n.  27, dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. I lavoratori dipendenti iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti  che,  nella  stagione   sportiva   2019-2020,   hanno percepito retribuzioni contrattuali lorde non superiori a 50.000 euro possono accedere al trattamento di integrazione salariale di  cui  al comma 1, limitatamente ad un  periodo  massimo  complessivo  di  nove settimane. Le domande di cassa integrazione in deroga, di cui  al presente comma, dovranno  essere  presentate  dai  datori  di  lavoro all’INPS, secondo le modalità che saranno indicate dall’Istituto.
Sono considerate valide le domande già  presentate  alle  regioni  o province autonome di Trento e Bolzano, che provvederanno ad autorizzarle nei limiti delle risorse loro assegnate. Per ogni singola associazione sportiva non potranno essere autorizzate più di nove settimane complessive; esclusivamente per le associazioni aventi sede nelle regioni di cui al comma  8  quater,  le regioni potranno autorizzare periodi  fino a tredici settimane, nei limiti delle risorse ivi previste. La retribuzione  contrattuale utile per l’accesso alla misura viene  dichiarata  dal  datore  di  lavoro. Le federazioni sportive e l’INPS,  attraverso  la  stipula  di  apposite convenzioni,  possono  scambiarsi  i  dati,  per  i  rispettivi  fini istituzionali, riguardo all’individuazione della  retribuzione  annua di 50.000 euro ed ai periodi ed importi di CIG in deroga, di  cui  al presente comma. Al riconoscimento dei benefici  di  cui  al  presente comma  si  provvede,  relativamente  al  riconoscimento  delle   nove settimane di competenza INPS, nel limite massimo  di  spesa  di  21,1 milioni di euro per l’anno 2020.».
All’articolo  98  del  decreto-legge  19  maggio  2020,  n.  3  convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77,  il comma 7 è abrogato.

3. Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per  aziende  che  non richiedono trattamenti di cassa integrazione

In via eccezionale, al fine di fronteggiare l’emergenza da COVID-19, ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di cui all’articolo 1 del presente decreto e che abbiano già fruito, nei mesi di maggio e giugno 2020, dei trattamenti di integrazione salariale di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n.18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modificazioni, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, è riconosciuto l’esonero dal  versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti  all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile.
L’esonero di cui al presente articolo può essere riconosciuto anche ai datori di lavoro che hanno richiesto periodi di integrazione salariale ai  sensi  del  predetto  decreto-legge n. 18 del 2020, collocati, anche parzialmente, in periodi  successivi al 12 luglio 2020.
Il beneficio previsto al presente articolo è concesso ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza  del  COVID-19» e nei limiti ed alle  condizioni  di  cui  alla  medesima  Comunicazione.
L’efficacia delle disposizioni del presente articolo è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea.

4. Cosa succede per i periodi precedenti il 13 luglio 2020?

Vale la pena ricordare che i Decreti legge “Cura Italia” (D.l. n. 18/2020 convertito in Legge n. 27/2020) e “Rilancio” (D.l. n. 34/2020 convertito in Legge n. 77/2020) hanno previsto un ricorso agli ammortizzatori sociali per COVID-19 pari a 9 settimane per periodi compresi tra il 23 febbraio e il 31 agosto 2020.
In aggiunta, sono state previste ulteriori 5 settimane nel medesimo periodo, per un totale di 14.
Coloro che dimostrino di aver esaurito le 14 settimane di Cassa possono richiederne altre 4 portando così il totale a 18 settimane.

5. Cassa integrazione 2020 – vecchie e nuove regole

Le aziende che hanno in corso periodi di Cassa chiesti in base alla vecchia normativa hanno ricevuto risposta dall’INPS che è intervenuta con il messaggio n. 3131 del 21 agosto 2020 chiarendo che le domande inoltrate e autorizzate dall’Istituto in base alle disposizioni del Decreto “Cura Italia” e “Rilancio” che si collocano, anche solo parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020 vengono automaticamente imputati alle prime nove settimane previste dal Decreto “Agosto”.
Questo significa che se l’azienda Alfa ha in corso una domanda di CIGO decorrente dal 1º maggio al 31 luglio 2020, chiesta in base alle vecchie disposizioni di legge (periodo di nove settimane più eventuali proroghe rispettivamente di cinque e quattro settimane), i giorni di Cassa cadenti dal 13 luglio in poi vengono considerati ai fini delle prime 9 settimane previste dal nuovo Decreto “Agosto”.

6. Quali tutele per i lavoratori delle ex zone rosse?

L’articolo 19 del decreto n. 104 prevede una specifica tutela per i lavoratori non destinatari degli ammortizzatori sociali per COVID-19 con i seguenti requisiti:

a. Residenti o domiciliati in comuni appartenenti alle ex zone rosse;
b.Che siano stati impossibilitati a raggiungere il luogo di lavoro causa i provvedimenti amministrativi che imponevano l’obbligo di permanenza domiciliare ed il divieto di allontanamento dal comune;
c.Dipendenti di aziende operanti esclusivamente in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto che, in considerazione dei provvedimenti amministrativi appena citati, abbiano sospeso l’attività per l’impossibilità dei soggetti di recarsi al lavoro.

I datori interessati possono presentare domanda di accesso agli ammortizzatori CIGO, CIG in deroga, CISOA e assegno ordinario, con causale “COVID-19 – Obbligo permanenza domiciliare”:
• Per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 30 aprile;
• Per un numero di giorni pari alla durata dei provvedimenti amministrativi e comunque nel limite massimo di 4 settimane.
Le domande di accesso dovranno essere trasmesse all’INPS, allegando l’autocertificazione con i dati dell’autorità che ha emesso il provvedimento di permanenza domiciliare, entro il prossimo 15 ottobre.
In caso di pagamento diretto, i modelli SR-41 dovranno essere inviati entro il 15 novembre 2020.

Elisa Turini
Consulente del Lavoro

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