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TASSE: LE DIFFERENZE TRA LIBERI PROFESSIONISTI E LAVORATORI SUBORDINATI

1. Il principio di progressività

La pressione fiscale pesa più sui professionisti o sui lavoratori assunti a contratto?
Rispondere a questa domanda senza cadere nei luoghi comuni non è facile.
In questo contenuto, però, proveremo a farlo “numeri alla mano”.
Ma non solo.
Faremo un focus sulle reali differenze, ad oggi esistenti, tra i diversi regimi Iva.

Prima di entrare nel merito, è fondamentale conoscere uno dei più importanti principi posti dal diritto tributario: il cd. principio di progressività, secondo il quale ciascun cittadino lavoratore è chiamato a concorrere alla spesa pubblica in base alle proprie risorse e alla propria capacità contributiva – in altre parole, a seconda della soglia di reddito raggiunta, il contribuente sarà soggetto ad una determinata tassazione.

Il principio di progressività risponde ai criteri di giustizia distributiva ed eguaglianza del carico tributario, secondo i quali “chi ha meno proventi verserà meno tasse, chi ha maggiori proventi verserà più tasse” … o, almeno, così dovrebbe essere!

Ma il principio di progressività trova applicazione sia per il lavoratore dipendente che per il lavoratore autonomo?

Generalmente, a questa domanda dovrebbe darsi risposta positiva. Esiste, però, un regime fiscale molto particolare, garantito ai lavoratori autonomi, capace di abbandonare del tutto il principio di progressività. Parliamo del cd. regime forfettario!

Dunque, proviamo a fare un po’ di ordine.

Il lavoratore con p.iva ha due possibilità di scelta:

  • regime ordinario, che vede l’applicazione del principio di progressività,
  • regime forfettario (accessibile solo in determinati casi e a particolari condizioni), in cui il principio suddetto è assolutamente inesistente.

2. Imposizione fiscale nel regime ordinario

Per i titolari di p. iva ordinaria, l’assoggettamento del reddito all’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche) non ha valore fisso, ma è definito da aliquote e scaglioni.

Infatti:

  • fino a 15 mila euro, l’imposta è pari al 23%
  • fino a 28 mila sale al 27%
  • fino a 55 mila è pari al 38%
  • da 55.001 a 75 mila € sarà, invece, del 41%
  • sopra i 75 mila €, infine, sale al 43%.

All’Irpef, il lavoratore dovrà aggiungere anche i cd. contributi previdenziali, differenti a seconda della tipologia di attività svolta:

  • il professionista iscritto ad una cassa previdenziale – qualora la tipologia di attività ne prevedesse una, come nel caso di Avvocato o Architetto – sarà tenuto a pagare un ammontare minimo di contributi (cd. contributi soggettivi), oppure contributi variabili a seconda del fatturato annuo (in tal caso, gli importi da versare saranno stabiliti dalla cassa di riferimento);
  • il libero professionista non appartenente ad una categoria con cassa di previdenza, ma iscritto alla Gestione Separata Inps, avrà un obbligo contributivo che varia in base al fatturato annuo (nello specifico, i contributi saranno pari al 25,72% dei ricavi);
  • infine, il lavoratore autonomo iscritto alla gestione commercianti e artigiani sarà tenuto a versare una quota trimestrale di contributi pari a 950 € circa – prescindendo dal fatturato.

3. Cosa cambia per i lavoratori autonomi in regime forfettario?

Il libero professionista (iscritto sia in gestione separata che ad una cassa privata) e il lavoratore autonomo iscritto in camera di commercio, a determinate condizioni possono beneficiare del regime forfettario: un regime che non prevede scaglioni di reddito né il versamento dell’Iva.
Dunque, quantunque sia l’ammontare del fatturato annuo (purchè non superiore a 65.000€), l’imposta sostitutiva da applicare sarà sempre del 15% (o del 5% in particolari casi).
Non solo.
Il beneficiario del regime forfettario vedrà applicarsi al fatturato annuo un coefficiente di redditività che gli permetterà di abbassare l’imponibile, sul quale, successivamente, applicare l’imposta sostitutiva del 15 o del 5%.

Per quanto concerne i contributi previdenziali, sia per i professionisti iscritti in gestione separata che per quelli iscritti ad una cassa privata, vale la regola su scritta con riguardo al regime ordinario; per gli autonomi iscritti in camera di commercio, invece, sarà possibile abbattere del 35% la contribuzione trimestrale – versando, dunque, non 950€, bensì 630€ circa ogni 3 mesi.

4. Il lavoratore subordinato

Molto differente è la situazione del lavoratore dipendente.

I contributi previdenziali sono calcolati applicando un’aliquota sull’imponibile lordo; la somma totale da versare sarà, poi, suddivisa tra datore di lavoro e lavoratore.
Ovviamente, al primo toccherà la parte più consistente, comprensiva anche dei contributi assicurativi e assistenziali.
Ai contributi Inps, si aggiungono le ritenute fiscali Irpef, per le quali si applica il principio della ritenuta alla fonte, – ossia, il datore di lavoro fungerà da sostituto d’imposta e verserà i contributi al posto del lavoratore dipendente (trattenendo mensilmente gli importi direttamente in busta paga).

Per il calcolo del contributo Irpef si applicano 5 scaglioni – compresa l’imposta dovuta sui redditi intermedi (per scaglioni), compresi negli scaglioni stessi:

  • fino a 15.000 euro 23% del reddito
  • fino a 28.000 euro 27% – 3.450,00 + 27% sulla parte eccedente i 15.000,00 euro
  • fino a 55.000 euro 38% – 6.960,00 + 38% sulla parte eccedente i 28.000,00 euro
  • fino a 75.000 euro 41% – 17.220,00 + 41% sulla parte eccedente i 55.000,00 euro
  • oltre i 75.000 euro 43% – 25.420,00 + 43% sulla parte eccedente i 75.000,00 euro

Si aggiungono, INFINE, le addizionali Irpef regionali e comunali, i cui valori massimi possono raggiungere

  • l’1,4%, da versare alla Regione di appartenenza, mediante pagamento rateale in busta paga,
  • lo 0,8%, da versare in favore del Comune di residenza.   

Giunti a tal punto, va da sé porsi una domanda:
sotto l’aspetto fiscale, sarà più “conveniente” lavorare come dipendente o come autonomo?
Dipende!
Il lavoratore subordinato si vede una buona fetta di stipendio trattenuta in tasse – è, addirittura, possibile arrivare al 35/40% -; ma è bene dire che anche il lavoratore autonomo, in regime ordinario, ha un bel carico fiscale da sostenere.
Dunque, la reale differenza la troviamo nel prima menzionato regime forfettario: un regime davvero molto favorevole – niente Iva, Irpef o Irap e, a seconda dei casi, contributi previdenziali ridotti del 35% -; qualora, inoltre, vi fossero i presupposti per beneficiare del 5 e non del 15% come imposta sostitutiva da applicare al fatturato … beh, ancora meglio!

Dott.ssa Adriana Valentino

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